di Riccardo Orioles
Una mezza dozzina di donne del quartiere – quelle che hanno partecipato alla lotta per non far chiudere l’unica scuola di San Cristoforo – ha avuto un’idea bislacca: “Vogliamo fare politica. Ma senza politici. Noi, che chi ci viene dietro”. Ed hanno fatto una lista. Ne abbiamo già parlato? Ne parleremo ancora. Perché, fra tutte le grandi e inutili storie “politiche” che girano ora, questa è politica con la P maiuscola. Non solo qui e non solo ora. La politica fa, la politica dice… “La politica”, in Italia, oggi è costituita da circa cinquantamila persone (nomenklatura, Vip, propagandisti, qualche intellettuale) che assommano in se stessi i poteri, l’etica, il “dibbattito” e la pubblica opinione. La Seconda Repubblica è stata molto meno repubblicana della prima, popolata da partiti, iscritti, militanti e sezioni che la collegavano direttamente alle rivoluzioni democratiche dell’Ottocento. Nella Seconda tutto ciò è stato ipocritamente caricaturato: partiti di cartapesta al posto dei partiti veri, militanti la cui militanza s’esauriva in due ore di “primarie”, iscritti col tesserino di plastica senza potere alcuno se non di applaudire. Nella Terza, che comincia ora, l’ipocrisia è finita: i partiti sono due e obbligatori, l’iscritto può cantare – a scelta – “Io Mi Fido Di Te” o “Meno Male Che Ci sei Tu”, la militanza consiste in riti tribali e c’è la la massima libertà di votare per chiunque, purché sia stato approvato da una Segreteria responsabile e in linea col Partito. Tutto questo ricorda l’Ancient Regime (“mangino delle brioches”) o la Russia prima della caduta del Muro: sfiducia in basso, cecità in alto, e catastrofe finale. Fra miseria e assenteismo, fra lo sfacelo delle periferie e l’arroganza dei quartieri alti, abbiamo dimenticato, fra le altre cose, come si fa a votare. Abbiamo votato per gente scelta da altri (la legge italiana non prevede la scelta dei candidati), fra una propaganda assordante, con fantasmi e paure artificialmente montate da tecnici della disinformatsija in confronto ai quali Beria o Goebbels erano dei dilettanti. Abbiamo votato comunque, perché votare è un dovere persino in queste condizioni. Ma le elezioni democratiche sono un’altra cosa. Sono libere, sono personali, sono una scelta concreta non fra un Vip e l’altro ma fra diversi modi di vivere e fra diverse categorie di persone. Tutto questo per dire che ormai la democrazia va ricercata col lanternino. Forse più nelle piccole che nelle grosse occasioni. Un’occasione piccolissima, un’elezione proprio di serie B, è – per esempio – quella che ci sarà fra un paio di settimane a Catania. In questa città del Sud, come in tutte le altre, s’è votato per tutto ( Stato, Regione, Regno e Impero) ed è come se non si fosse votato per niente. Si vota ora per il comune e la provincia, e anche per le piccole circoscrizioni. Nella prima di esse, quella di San Cristoforo, il quartiere più povero e più centrale, c’è una lista Politica, finalmente, di politica vera. E’ quella senza politici, fatta da quella mezza dozzina di donne – Melina, Piera, Francesca, Claudia e le altre – che in questi due anni hanno lottato veramente e dal basso per difendere il loro quartiere, la scuola dei loro figli, la loro vita reale. Io direi di appoggiarle, nella loro piccolissima elezione, come se fossero il centro di tutto, il partito più importante. Contano più di Veltroni e Bertinotti, per la sinistra da fare, quella vera. Non solo nel loro quartiere, non solo qui.