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RIPORTIAMOLI A CASA VIVI !
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Tagged Appello per la pace, Centro di ricerca per la pace e i diritti umani, Guerra in Afghanistan, LA NONVIOLENZA IN ITALIA OGGI, RIPORTIAMOLI A CASA VIVI, “Viterbo oltre il muro”
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NO MUOS
NO MUOS: stanno arrivando denunce, fogli di via, perquisizioni… Dobbiamo fermare la repressione rispondendo con altrettante azioni legali per abuso di potere e a tutela dei ragazzi che per difendere i diritti di tutti noi stanno resistendo a Niscemi.
Oltre all’indignazione serve moneta per coprire le spese legali vive. Per favore aiutateci a diffondere questo messaggio.
Bastano 10 euro ma dobbiamo essere veramente in tanti!
c/c Banca Etica IBAN: IT 47 F 05018 04600 000009000673 BIC: CCRTIT2T84A (per versamenti dall’estero) Causale: Spese Legali http://www.nomuos.info/
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Tagged INVASIONE, MILITARI, NO MUOS, NONVIOLENZA, NOTEMINIME, pace
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PER IL PRIMO MAGGIO
Dal “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo riceviamo e pubblichiamo.
Che i poteri dominanti tentino di appropriarsi anche del primo maggio, giorno di memoria e di lotta delle classi sfruttate ed oppresse, e’ l’ennesima infamia che indigna ma non stupisce.
Che anche talune burocrazie che pur furono espressione del movimento di lotta dei lavoratori si prestino ad una gestione alienata, mercificata e consumista del primo maggio come fatua, incongrua e fin assurda kermesse ipnotica e narcotica, ovvero si prestino ad un asservimento del primo maggio alla societa’ dello spettacolo di debordiana memoria, e’ l’ennesima vilta’ che non stupisce ma indigna.
Frattanto i diritti sociali continuano a subire selvagge aggressioni da parte delle classi proprietarie e delle politiche antipopolari di governi sempre piu’ ridotti a comitati d’affari e braccio armato del capitale finanziario, delle imprese transnazionali, degli antidemocratici organismi di effettuale governo del mondo ordinati al profitto dei ricchi a scapito della stessa nuda vita della immensa maggioranza dell’umanita’.
Ed anche in Italia mentre ristrette oligarchie rapinatrici (il regime della corruzione, i poteri criminali, l’economia del pizzo, dello strozzinaggio, dello sperpero, della appropriazione privata dei beni comuni fino alla massiccia distruzione ovvero all’irreversibile esaurimento) divengono sempre piu’ ricche, di contro e conseguentemente sempre piu’ persone subiscono condizioni di impoverimento, di umiliazione, di ricatto, di schiavitu’, di miseria; la crescente disoccupazione di massa provoca per innumerevoli persone la perdita di ogni bene e di ogni speranza, e non pochi – privati di reti sociali di solidarieta’ e di servizi pubblici di assistenza, precipitati nell’abisso dell’emarginazione e dell’esclusione, e quindi anche nel baratro esistenziale – sono indotti dalla disperazione ad atroci gesti estremi, fino a togliersi la vita.
*
Altro e’ il nostro primo maggio.
E’ un primo maggio di memoria e di dolore: la memoria delle vittime dei poteri dominanti, delle vittime degli sfruttatori, delle vittime della violenza che esseri umani esercitano su altri esseri umani per ridurli in catene.
E’ un primo maggio di lotta: la lotta delle classi sfruttate, di tutte le persone oppresse; la lotta responsabile e solidale per la liberazione dell’umanita’, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la difesa della biosfera casa comune dell’umanita’ intera.
E’ un primo maggio antifascista ed antimperialista, antirazzista ed anticolonialista, anticapitalista ed antitotalitario, contro la mafia e contro la corruzione, socialista e libertario, femminista ed ecologista, solidale, nonviolento.
Il nostro primo maggio e’ contro tutte le guerre e contro tutte le uccisioni, contro tutte le discriminazioni e contro tutte le persecuzioni, contro lo sfruttamento e contro l’asservimento, contro ogni menzogna e contro ogni oppressione. Con la forza della verita’. Con la scelta della nonviolenza.
Vi e’ una sola umanita’.
*
Nel ricordo di Alfio Pannega continuiamo la lotta per la liberta’, l’uguaglianza e la fraternita’ di tutti gli esseri umani; per la comune responsabilita’ per l’intero mondo vivente; per una societa’ in cui da ciascuno sia dato secondo le sue capacita’ ed a ciascuno sia dato secondo i suoi bisogni; per l’internazionale futura umanita’.
Viva il primo maggio.
Il “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo
Viterbo, 30 aprile 2013
Mittente: “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo, e-mail: nbawac@tin.it e centropacevt@gmail.com , web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Tagged 1 maggio, Centro di ricerca per la pace e i diritti umani, NONVIOLENZA, peppe sini, primo maggio
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DOPO L’ATTENTATO DI ROMA. TRE SEMPLICETTE ADDOLORATE RIFLESSIONI
Dal “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo riceviamo e pubblichiamo.
In primo luogo vogliamo dire la nostra piena solidarieta’ alle vittime dell’attentato di Roma.
Ed anche: alle vittime della guerra afgana cui l’Italia partecipa da oltre dieci anni; alle vittime dell’ecatombe e della schiavitu’ che i migranti subiscono per le politiche razziste dell’Unione Europea e dell’Italia; alle vittime dei poteri criminali che il regime della corruzione favoreggia; alle vittime del femminicidio che ogni giorno versa fiumi di sangue; alle vittime del totalitarismo comunque si travesta; alle vittime dal sistema del profitto e dello sfruttamento ridotte alla fame, alla disperazione, alla morte.
Tutti gli esseri umani sono un’unica famiglia in un’unica casa comune: il primo dovere e’ l’universale solidarieta’.
*
In secondo luogo: poiche’ e’ con le armi che perlopiu’ si uccidono le persone, e’ con il disarmo che si salvano le vite.
Cessi la produzione e il commercio di tutte le armi, dalla rivoltella al cacciabombardiere. E si proceda a distruggere le armi gia’ in circolazione.
Meno armi vi saranno, piu’ persone resteranno vive e incolumi.
*
Terzo: poiche’ la violenza e’ nemica dell’umanita’ e del mondo vivente tutto, alla violenza occorre sempre opporsi; nell’opposizione alla violenza consiste la civilta’ umana.
E contro la violenza vi e’ una sola scelta intellettuale, morale e politica adeguata, concreta, efficace: la nonviolenza.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’. Prima che sia troppo tardi, e’ ora che essa governi.
Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo
Viterbo, 28 aprile 2013
Mittente: “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo, e-mail: nbawac@tin.it e centropacevt@gmail.com , web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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ELEZIONI AMMINISTRATIVE. MINIMA ERMENEUTICA
Dal “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo riceviamo e pubblichiamo.
Si avvicinano le elezioni amministrative e fioriscono le liste dai nomi e dai simboli piu’ fantasiosi.
Ci sono tre segnali semplici e certi per riconoscere la propaganda della destra neofascista anche – e soprattutto – quando si camuffa:
1. l’affermazione che “non esistono piu’ destra e sinistra”;
2. il giovanilismo;
3. l’adorazione della tecnologia.
E invece destra e sinistra esistono eccome, e la destra e’ quella che lotta per perpetuare la violenza dei dominatori, e la sinistra e’ quella che lotta per l’uguaglianza di diritti di tutti gli esseri umani.
Quanto al (e ai suoi portati: l’irresponsabilita’ e la smemoraggine, la condotta ignara e puerile, l’incoscienza del limite e il disprezzo del fragile) chi ha la mia eta’ sa da quale radice proviene questa ideologia, questa retorica: “Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza” recitava l'”inno trionfale” mussoliniano.
Quanto alla tecnologia, chi pensa che ad essa possa essere giovanilismo delegata la responsabilita’ morale, ebbene ha gia’ abdicato alla sua di responsabilita’ morale, ovvero alla sua medesima dignita’ di essere senziente, pensante, agente.
Che oggi trionfi in Italia la destra piu’ barbara e totalitaria e’ la prova di quanto a fondo abbia scavato la tabe berlusconiana, che ha distrutto non solo la coscienza politica ma finanche la capacita’ di analisi logica e di giudizio morale nella gran parte dei cittadini.
*
Certo, vi sono anche gli errori e gli orrori dei gruppi dirigenti della sinistra: e il primo e cruciale e’ stato quello di non capire cio’ che dopo i lager ed i gulag, dopo Auschwitz ed Hiroshima, era ormai evidente e ineludibile: ovvero che la lotta di liberazione delle persone e delle classi oppresse, la lotta per la giustizia sociale ovvero per la messa in comune e il comune accudimento dei beni che a tutti pertengono, la lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani e per la difesa della biosfera, richiede la scelta esplicita e definitiva della nonviolenza. Della nonviolenza, che e’ la lotta la piu’ nitida e la piu’ intransigente contro tutte le menzogne e le violenze. E la sinistra o sara’ nonviolenta o non sara’.
Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo
Viterbo, 23 aprile 2013
Mittente: “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo, e-mail: nbawac@tin.it e centropacevt@gmail.com , web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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L’ANTIFASCISMO VIVENTE E OPERANTE DI VIRGINIA WOOLF, DI FRANCO BASAGLIA E DI FRANCA ONGARO BASAGLIA
Dal “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo riceviamo e pubblichiamo.
Si e’ svolto nel pomeriggio di lunedi’ 22 aprile 2013 a Viterbo presso il “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” un incontro di studio sul tema: “Per una cultura e una prassi dell’antifascismo vivente e operante: da Virginia Woolf a Franco Basaglia e Franca Ongaro Basaglia”.
Nel corso dell’incontro sono stati letti e commentati alcuni brani da Le tre ghinee di Virginia Woolf e da vari testi di Franco Basaglia e Franca Ongaro Basaglia.
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Virginia Woolf, scrittrice tra le piu’ grandi del Novecento, nacque a Londra nel 1882, promotrice di esperienze culturali ed editoriali di grande rilievo, oltre alle sue splendide opere narrative scrisse molti acuti saggi, di cui alcuni fondamentali anche per una cultura della pace. Mori’ suicida nel 1941. E’ uno dei punti di riferimento della riflessione dei movimenti delle donne, di liberazione, per la pace. Opere di Virginia Woolf: le sue opere sono state tradotte da vari editori, un’edizione di Tutti i romanzi (in due volumi, comprendenti La crociera, Notte e giorno, La camera di Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le onde, Gli anni, Tra un atto e l’altro) e’ stata qualche anno fa pubblicata in una collana ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma; una pregevolissima edizione sia delle opere narrative che della saggistica e’ stata curata da Nadia Fusini nei volumi dei Meridiani Mondadori alle opere di Virginia Woolf dedicati (ai quali rinviamo anche per la bibliografia). Tra i saggi due sono particolarmente importanti per una cultura della pace: Una stanza tutta per se’, Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987 (ma ambedue sono disponibili anche in varie altre edizioni). Numerosissime sono le opere su Virginia Woolf: segnaliamo almeno Quentin Bell, Virginia Woolf, Garzanti, Milano 1974; Mirella Mancioli Billi, Virginia Woolf, La Nuova Italia, Firenze 1975; Paola Zaccaria, Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980; Nadia Fusini, Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf, Mondadori, Milano 2006; Liliana Rampello, Il canto del mondo reale. Virginia Woolf, la vita nella scrittura, Il saggiatore, Milano 2005. Segnaliamo anche almeno le pagine di Erich Auerbach, “Il calzerotto marrone”, in Mimesis, Einaudi, Torino 1977.
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Franco Basaglia, nato a Venezia nel 1924 e deceduto nel 1980, e’ la figura di maggiore spicco della psichiatria italiana contemporanea; ha promosso la restituzione di diritti e il riconoscimento di dignita’ umana ai sofferenti psichici precedentemente condannati alla segregazione e a trattamenti disumani e disumanizzanti; e’ stata una delle piu’ grandi figure della teoria e della pratica della solidarieta’ e della liberazione nel XX secolo. Opere di Franco Basaglia: vi e’ una pregevole edizione in due volumi degli Scritti, Einaudi, Torino 1981-82. Tra i principali volumi da lui curati (e scritti spesso in collaborazione con la moglie Franca Ongaro Basaglia, e con altri collaboratori) sono fondamentali Che cos’e’ la psichiatria, L’istituzione negata (sull’esperienza di Gorizia), Morire di classe, Crimini di pace, La maggioranza deviante, tutti editi da Einaudi; insieme a Paolo Tranchina ha curato Autobiografia di un movimento, editori vari, Firenze 1979 (sull’esperienza del movimento di psichiatria democratica); una raccolta di sue Conferenze brasiliane e’ stata pubblicata dal Centro di documentazione di Pistoia nel 1984, una nuova edizione ampliata e’ stata edita da Raffaello Cortina Editore, Milano 2000; una recente raccolta di scritti e’ L’utopia della realta’, Einaudi, Torino 2005. Tra le opere su Franco Basaglia: assai utile il volume di Mario Colucci, Pierangelo Di Vittorio, Franco Basaglia, Bruno Mondadori, Milano 2001, con ampia bibliografia; cfr. anche Nico Pitrelli, L’uomo che restitui’ la parola ai matti, Editori Riuniti, Roma 2004. Un fascicolo monografico a lui dedicato e’ Franco Basaglia: una teoria e una pratica per la trasformazione, “Sapere” n. 851 dell’ottobre-dicembre 1982. Si veda inoltre la collana dei “Fogli di informazione” editi dal Centro di documentazione di Pistoia. A Basaglia si ispira tutta la psichiatria democratica italiana e riferimenti a lui sono praticamente in tutte le opere che trattano delle vicende e della riflessione della psichiatria italiana contemporanea.
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Franca Ongaro Basaglia, intellettuale italiana di straordinario impegno civile, pensatrice di profondita’, finezza e acutezza straordinarie, insieme al marito Franco Basaglia e’ stata tra i protagonisti del movimento di psichiatria democratica; e’ deceduta nel gennaio 2005. Tra i suoi libri segnaliamo particolarmente: Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982; Manicomio perche’?, Emme Edizioni, Milano 1982; Una voce: riflessioni sulla donna, Il Saggiatore, Milano 1982; Vita e carriera di Mario Tommasini burocrate scomodo narrate da lui medesimo, Editori Riuniti, Roma 1987; in collaborazione con Franco Basaglia ha scritto La maggioranza deviante, Crimini di pace, Morire di classe, tutti presso Einaudi; ha collaborato anche a L’istituzione negata, Che cos’e’ la psichiatria, e a molti altri volumi collettivi. Ha curato l’edizione degli Scritti di Franco Basaglia. Dalla recente antologia di scritti di Franco Basaglia, L’utopia della realta’, Einaudi, Torino 2005, da Franca Ongaro Basaglia curata, riprendiamo la seguente notizia biobibliografica, redatta da Maria Grazia Giannichedda, che di entrambi fu collaboratrice: “Franca Ongaro e’ nata nel 1928 a Venezia dove ha fatto studi classici. Comincia a scrivere letteratura infantile e i suoi racconti escono sul “Corriere dei Piccoli” tra il 1959 e il 1963 insieme con una riduzione dell’Odissea, Le avventure di Ulisse, illustrata da Hugo Pratt, e del romanzo Piccole donne di Louise May Alcott. Ma sono gli anni di lavoro nell’ospedale psichiatrico di Gorizia, con il gruppo che si sta raccogliendo attorno a suo marito Franco Basaglia, a determinare la direzione dei suoi interessi e del suo impegno. Nella seconda meta’ degli anni ’60 scrive diversi saggi con Franco Basaglia e con altri componenti del gruppo goriziano e due suoi testi – “Commento a E. Goffman. La carriera morale del malato di mente” e “Rovesciamento istituzionale e finalita’ comune” – fanno parte dei primi libri che documentano e analizzano il lavoro di apertura dell’ospedale psichiatrico di Gorizia, Che cos’e’ la psichiatria (1967) e L’istituzione negata (1968). E’ sua la traduzione italiana dei testi di Erving Goffman Asylums e Il comportamento in pubblico, editi da Einaudi rispettivamente nel 1969 e nel 1971 con saggi introduttivi di Franco Basaglia e Franca Ongaro, che traduce e introduce anche il lavoro di Gregorio Bermann La salute mentale in Cina (1972). Dagli anni ’70 Franca Ongaro e’ coautrice di gran parte dei principali testi di Franco Basaglia, da Morire di classe (1969) a La maggioranza deviante (1971), da Crimini di pace (1975) fino alle Condotte perturbate. Nel 1981 e 1982 cura per Einaudi la pubblicazione dei due volumi degli Scritti di Franco Basaglia. Franca Ongaro e’ anche autrice di volumi e saggi di carattere filosofico e sociologico sulla medicina moderna e le istituzioni sanitarie, sulla bioetica, la condizione della donna, le pratiche di trasformazione delle istituzioni totali. Tra i suoi testi principali, i volumi Salute/malattia. Le parole della medicina (Einaudi, Torino 1979), raccolta delle voci di sociologia della medicina scritte per l’Enciclopedia Einaudi; Una voce. Riflessioni sulla donna (Il Saggiatore, Milano 1982) che include la voce “Donna” dell’Enciclopedia Einaudi; Manicomio perche’? (Emme Edizioni, Milano 1982); Vita e carriera di Mario Tommasini burocrate scomodo narrate da lui medesimo (Editori Riuniti, Roma 1987). Tra i saggi, Eutanasia, in “Democrazia e Diritto”, nn. 4-5 (1988); Epidemiologia dell’istituzione psichiatrica. Sul pensiero di Giulio Maccacaro, in Conoscenze scientifiche, saperi popolari e societa’ umana alle soglie del Duemila. Attualita’ del pensiero di Giulio Maccacaro, Cooperativa Medicina Democratica, Milano 1997; Eutanasia. Liberta’ di scelta e limiti del consenso, in Roberta Dameno e Massimiliano Verga (a cura di), Finzioni e utopie. Diritto e diritti nella societa’ contemporanea, Angelo Guerrini, Milano 2001. Dal 1984 al 1991 e’ stata, per due legislature, senatrice della sinistra indipendente, e in questa veste e’ stata leader della battaglia parlamentare e culturale per l’applicazione dei principi posti dalla riforma psichiatrica, tra l’altro come autrice del disegno di legge di attuazione della “legge 180″ che diventera’, negli anni successivi, testo base del primo Progetto obiettivo salute mentale (1989) e di diverse disposizioni regionali. Nel luglio 2000 ha ricevuto il premio Ives Pelicier della International Academy of Law and Mental Health, e nell’aprile 2001 l’Universita’ di Sassari le ha conferito la laurea honoris causa in Scienze politiche. E’ morta nella sua casa di Venezia il 13 gennaio 2005”.
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L’incontro era parte di un ciclo di incontri di studio in preparazione del 25 aprile, incontri nel corso dei quali si vengono leggendo e commentando alcuni testi classici dell’antifascismo e della cultura democratica: nei precedenti incontri sono stati letti testi di Rosa Luxemburg, Hannah Arendt, Piero Gobetti, Antonio Gramsci, Giacomo Matteotti, Carlo e Nello Rosselli, i martiri della Rosa Bianca, Dietrich Bonhoeffer, Primo Levi, Nelson Mandela, Etty Hillesum, Germaine Tillion, Piero Calamandrei, Margarete Buber Neumann, Albert Camus, George Orwell, lettere dei caduti della Resistenza e brani della Costituzione della Repubblica Italiana.
Il “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo
Viterbo, 22 aprile 2013
Mittente: “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo, e-mail: nbawac@tin.it e centropacevt@gmail.com , web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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INCONTRO CON SERGE LATOUCHE
Queste righe prendono spunto dal dialogo sulla decrescita con Serge Latouche tenutosi il 28 gennaio 2013 a Colle Val D’Elsa.
Serge Latouche nasce a Vennes, nella regione francese della Bretagna il dodici gennaio del 1940. E’ economista e filosofo, conosciuto per i suoi studi d’antropologia economica ed è uno dei molti avversari dell’occidentalizzazione del pianeta Terra. Il suo pensiero è critico riguardo all’odierno concetto di sviluppo.
Uno dei temi da lui affrontato è quello della “decrescita conviviale”.
Il termine decrescita è uno slogan, spiega l’economista. Una sorta di grido di battaglia provocatorio. Non sta a significare il contrario di crescita, ma vuole essere un pensiero alternativo alla concezione postindustriale turbo-capitalistica di “sviluppo”.
Le più grandi lobby di inquinatori, sfruttatori e devastatori della biosfera si uniscono in associazioni intercontinentali per alimentare le loro attività incentrate sulla crescita e chiamano queste attività con parole grigioverdi come “sviluppo sostenibile” o “green economy”. Sono le stesse persone responsabili dell’eternit che avvelena operai.
Per riportare alla memoria quel fatto aggiungiamo che il 13 febbraio 2012 il tribunale di Torino emette una sentenza che passerà alla storia in Italia e che svela le modalità con le quali opera la grande industria. Migliaia di morti ammazzati da imprenditori inumani che mirano solo a rafforzare i propri imperi. Dalla sentenza Eternit del febbraio 2012, ci troviamo al giugno successivo, Rio +20, il forum istituzionale mondiale per l’ambiente formato dai venti paesi più ricchi del mondo. Stephan Schmidtheiny, a capo del gruppo fra i principali responsabili di migliaia di morti finora accertati, avvelenati dalle sostanze cancerogene contenute nell’eternit, uno dei principali responsabli di un inquinamento di portata ritenuta ancora incalcolabile, oggi anche tra i fondatori di WBCSD (World Business Council for Sustainable Development), riceve in regalo un invito dal WTO, la Word Trade Organization proprio per discutere di ambiente: “sviluppo sostenibile” e “green economy” sono i temi attorno ai quali verte l’incontro.
Ecco, questo è “sviluppo”?
Sarebbe interessante leggere l’articolo dal titolo “Globalizzazione: idee per capire, vivere, opporsi al nuovo modello di profitto” che ho letto su “A rivista anarchica” (nota 1) (http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/index.php?nr=274&pag=../antiglob/a_antiglob.htm).
Cos’è in realtà il movimento della Decrescita? (nota 2)
Latouche continua dicendo che non c’è uno slogan o un parola che possano definire questo. Far crescere la qualità dell’aria, delle acque, della salute, anche questo è sviluppo secondo il movimento della decrescita. Oggi abbiamo aria inquinata, beviamo acqua dalla plastica perché quella del rubinetto è avvelenata, il nostro cibo ci porta obesità, colesterolo e diabete. L’uso eccessivo delle nostre stesse medicine ci ammala.
Gli economisti per far funzionare tutto ciò si sono inventati una forma di crescita illimitata.
L’attuale economia per funzionare si riduce, per noi poveri profani, in un continuo aumento del prodotto lordo dei paesi: il Pil (Prodotto Interno Lordo).
Crescere per crescere, come si fa? E’ impossibile.
In una società fagocitata dall’economia della crescita e della globalizzazione le grandi organizzazioni hanno bisogno di creare sempre nuovi bisogni andando ad operare sul sistema dei desideri. I desideri nell’essere umano sono infiniti e anche per mezzo della cultura e della comunicazione i desideri vengono trasformati in bisogni.
Stiamo provando sulla nostra pelle quanto questo influisca sulle nostre cognizioni, ovvero sul nostro modo di vedere il mondo.
Perché cambiare paradigma e uscire da questa società di crescita?
Perché non è sostenibile e non è neanche auspicabile (nota 3).
Latouche parla di impronta ecologica. Quanto impatto abbiamo sulla terra? L’impronta ecologica è un indicatore utilizzato per valutare il consumo umano di risorse naturali.
Nel 2003 è nato il Global Footprint Network al fine di creare dei parametri per misurare il nostro impatto sulla Terra, l’unico pianeta di cui disponiamo, contabilizzando le risorse in modo da calcolare “quanta natura abbiamo a disposizione, quanta ne utilizziamo, chi la utilizza.
In Italia Alessandro Galli (Chemical Sciences all’Università di Siena) è il direttore del Programma Mediterraneo e applica la metodologia dell’impronta ecologica alla dipendenza umana dalle risorse.
Partiamo dal presupposto che il pianeta abbia una superficie limitata (51 Miliardi di ettari circa); lo spazio utilizzabile sembra sia di 12 Miliardi di ettari, dato che il fondo del mare è adatto solo per gettare rifiuti radioattivi, magari come si è fatto anche nei mari del sud Italia (http://agnesinapozzi.altervista.org/le-denunce-di-gianni-lannes-sui-rifiuti-nucleari-e-industriali-2/).
Sembra, riporta Latouche, che se tutte le persone del mondo vivessero come un cittadino americano, servirebbero quattro pianeti come la Terra per soddisfare le richieste dell’umanità sulla natura.
Oggi gran parte delle risorse mondiali sono sfruttate da una piccola percentuale di paesi super ricchi e divoratori di energia.
Il Rapporto del Gruppo sul Cambiamento Climatico mostra come piccole variazioni di temperatura a livello globale possano sommergere interi paesi, coinvolgendo anche centinaia di milioni di persone. Inoltre i ghiacciai dei poli si stanno sciogliendo molto più velocemente di quanto anche il Gruppo per il Cambiamento Climatico avesse calcolato.
Il sistema di sviluppo industriale ha consentito un cambiamento reale delle condizioni di vita delle persone, ma solo fino agli anni Settanta, quando ancora l’imperialismo occidentale si poteva permettere di sfruttare le antiche colonie a danno delle popolazioni indigene; oggi si vive un benessere virtuale (nota 4).
Dalla fine degli anni Settanta la forbice tra il Pil e il benessere vissuto si divarica, il modo di calcolo del prodotto interno lordo come indicatore di benessere viene criticato e ritenuto inadatto a misurare le reali condizioni di benessere.
Fra i diversi metodi proposti in alternativa al Pil è il GPI (Genuine Progress Indicator), un Indicatore di Progresso Reale che ha come obiettivo la misurazione dell’aumento della qualità di vita.
Altro metodo di misurazione alternativa al Pil è il FIL (Felicità Nazionale Lorda).
Ci sono anche altri metodi che prendono in considerazione vari parametri che il Pil ignora completamente e che costituiscono invece delle variabili fondamentali per la definizione e misurazione della qualità di vita e di sviluppo. Oggi si deve tendere a tenere in considerazione il benessere reale, quello percepito, lo stato della salute, i costi ambientali e sociali dello sviluppo.
Diversi economisti si occupano oggi di felicità. Latouche cita fra i molti l’economista indiano Amarthya Sen (nota 5).
Cos’è la felicità? Possiamo, secondo il nostro punto di vista, pensarla collegata a tre sfere tra loro interconnesse: speranza di vita, impronta ecologica, sentimento di felicità.
Intanto nel mondo occidentale, forse proprio a conferma dello stato di depressione generale, si assiste ad un numero elevato di suicidi di imprenditori e, fatto spaventoso, di giovani e adolescenti.
Anche Baumann parla di personalità multiple da usare nei momenti del bisogno, a svantaggio della propria identità.
Happy Planet Index, ci dice Latouche, è l’indice che si articola dalla misurazione del grado di felicità (speranza di vita, sentimento di felicità, impronta ecologica), osservando il quale si possono prendere alcuni spunti interessanti. Prendendo solo alcuni dati pubblicati (www.happyplanetindex.org) notiamo infatti che l’ HPI, indice di felicità, è di 46,4 punti per l’Italia, mentre Cuba riporta un indice di felicità che arriva a 56,2 punti. Negli Stati Uniti l’indice di felicità arriva a soli 37,3 punti dell’hpi. Probabilmente nelle società moderne non si vive più così bene, ma ci si accontenta, non si è poi tanto felici. L’ambiente è messo in serio ed urgente pericolo, la speranza di vita è paranoia di morte ipermedicalizzazione e accanimento scientifico, la socialità è stata trasformata nell’alienazione dei consumi.
Non ci sono alternative, bisogna inventare nuovi sistemi sociali che siano più sensibili alle molte variabili dell’ecosistema, che si basino su utopia e sogno. Si, sognare un altro mondo libero dall’imperialismo delle merci e degli scambi economici.
Serge Latouche parla di un circolo virtuoso delle otto R: rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare; in opposizione ai temi del commercio attuale (svalutare, deconcettualizzare, costruire, delocalizzare, accaparrare, aumentare, monoutilizzare, buttare).
Quali le vie d’uscita?
La natura non è il nostro nemico da spiare, comprendere e sezionare, non va derubata dei propri segreti; essa è un ecosistema, è un essere vivente nella sua totalità, esseri umani compresi, facenti parte di quel tutto che è l’ambiente.
Ritorniamo brevemente sugli otto punti del circolo virtuoso delle otto R esposti dall’econimista francese. Secondo Latouche vanno rivalutati i valori di comunità, cooperazione, altruismo e abbandono della guerra contro la natura come mezzi per applicare quei cambiamenti tanto urgenti, quanto sottovalutati dai più.
La ristrutturazione è da focalizzare su temi fondamentali come la struttura sociale, le infrastrutture ciclopiche e devastanti, i modi di produzione industriale basati sulla delocalizzazione. Bisogna rilocalizzare, ovvero ritrovare un senso del locale e del reale. Vivere localmente il commercio significa produrre e vendere nello stesso territorio fisico, non dover spostare le merci per decine di migliaia di chilometri, con notevole vantaggio per i cittadini ed una fondamentale riduzione del consumo di combustibili fossili, tanto inquinanti, quanto motivo di guerre e sofferenze.
Il modello della grande distribuzione va rivisto. Sembra che in occidente il 40 per cento del cibo immesso sul mercato vada perduto: un venti per cento va in scadenza nei magazzini dei grossi centri commerciali e l’altro 20 per cento sembra essere gettato via da noi. Una piccola azione da portare come esempio delle azioni possibili per intaccare questo circolo vizioso, come ci ricorda Serge Latouche, può essere l’idea del Last Minute Market, luoghi di raccolta delle marci in scadenza dove vendere a basso costo prodotti che altrimenti andrebbero persi nella spazzatura.
Altro tema affrontato dall’idea di circolo virtuoso è il concetto di riduzione. Sembra un semplice slogan: lavorare meno per lavorare tutti e lavorare meno anche per vivere meglio. Fino agli anni 70 il lavoro serviva per vivere, oggi il lavoro serve a consumare, a rendere continuo e incessante il ciclo lavoro-consumo-lavoro. Questo ciclo fa immettere sul mercato prodotti di breve durata che passano di moda in fretta e che hanno nella loro genetica il concetto di obsolescenza programmata. Questo significa che ogni prodotto tecnologico viene costruito per rompersi dopo un tempo prestabilito di funzionamento.
Ogni giorno partono dai porti delle città più “sviluppate” carichi di computer e telefoni da gettar via, raggiungono i paesi più lontani e a spese della vita dei più poveri vengono smontati per recuperare i metalli in essi contenuti. Queste operazioni inquinano moltissimo e quasi sempre vengono effettuate senza precauzioni da squadre di bambini costretti dalla fame e ignari del pericolo per la salute e per l’ambiente (nota 6).
Fra un’utopia e la realtà ci deve però essere un programma politico. Serge Latouche ci racconta che nel 2007 ha l’occasione di scrivere un programma per un partito francese. Il programma è sintetizzato in pochi punti che riassumono il concetto di “decrescita”.
Uno dei primi passi dovrebbe essere quello di recuperare un’impronta ecologica sostenibile, che sia uguale o inferiore alla misura di un pianeta, ovvero ridurre l’impatto sulla natura di un buon 75%.
Con la globalizzazione i prodotti che mangiamo vengono prodotti lontano, devono percorrere decine di migliaia di kilometri, devono essere riempiti di conservanti e altre “diavolerie” per renderli adatti ai nostri palati ormai imbugiarditi dalla cultura “merendine e fast-food”.
La carne allevata in batteria in enormi stalle industriali è nutrita di farine animali, le verdure irrorate di veleni, le acque inquinate dagli stessi cicli industriali e tutto questo ci rende malati e deboli.
Sarebbe giusto, secondo Latouche, imporre delle ecotasse sui trasporti e fare in modo di rilocalizzare le attività produttive. Restaurare una agricoltura contadina senza prodotti chimici e a kilomentro zero ridurrebbe i problemi di salute generati da un’agricoltura chimica industriale e dal consumo di combusibili e concimi fossili.
Bisogna trasformare gli aumenti di prodotto in riduzione di tempo di lavoro e stimolare la produzione di relazioni umane, amicizie e conoscenze che occupino il tempo di non lavoro senza però distruggere l’ambiente o danneggiare il benessere.
Altro passo fondamentale è secondo il programma politico di Latouche, la riduzione degli sprechi d’energia (http://www.negawatt.org).
La pubblicità ha chiari messaggi: compra e consuma. Tutte le spese di pubblicità andrebbero penalizzate con delle apposite tasse. Ogni individuo dovrebbe poter avere tutto ciò di cui necessita, ma non dovrebbe avere rimodellato l’immaginario su falsi bisogni.
Moratoria sulla ricerca scientifica. Quale è la scienza che ci serve, quale tecnica ci aiuta e quale invece è finalizzata al consumo? Serve una democratizzazione della scienza ( L. cita Dominique Belpomme).
Riappropriarsi della moneta. Già Aristotele parlava della moneta come bene comune. Latouche è uno di quelli che pensa che le banche dovrebbero essere private del potere di gestire i soldi.
Commentando questo programma il filosofo economista racconta un sogno: “Vengo eletto, vinco le elezioni e già dopo la prima settimana, finite le pratiche per l’insediamento, comincio ad applicare i punti di cui sopra. Vengo ucciso, perchè ho una maggioranza troppo bassa”.
Per realizzare un programma così radicale, ci spiega Serge, bisognerebbe avere una maggioranza enorme, nell’ordine dell’ottanta per cento. Per avere una maggioranza così bisogna avere dei cittadini sensibili e consci di questi problemi.
Lo sforzo che ci si propone è quindi iniziare ad agire a livello culturale e dal basso lavorando su dei progetti sociali non riducibili a progetti politici o di partito. Ci sono molte diverse esperienze in questo senso (nota 7).
Esempi pratici di sensibilità si trovano in molti documenti politici. Ecuador e Bolivia per esempio dichiarano nelle rispettive costituzioni che la natura non può essere privatizzata (nota 8).
In molti paesi, in ogni paese, ci sono movimenti formati da persone, non da numeri, che testimoniano dell’urgenza, della necessità e della volontà di costruire modelli sociali alternativi a misura di felicità e possibilità di vita. L’impronta ecologica è il minimo valore dal quale partire per fermare la devastazione del pianeta, una “decrescita” dal basso che renda possibile una evoluzione necessaria e indispensabile per la vita della biosfera e il benessere delle persone.
Piccoli gruppi di persone che fanno cose assieme, un consumo critico e moderato, la difesa del territorio che abitiamo, senza però chiuderci nel nostro giardino lasciando fuori il resto.
Uscire dallo spirito del capitalismo e rivalutare i capitali sociali, le relazioni, l’umanità, l’importanza del rispetto per la biosfera.
Restaurare la democrazia si può, togliendo potere alle oligarchie finanziarie e ridistribuendo la ricchezza per il benessere di tutti.
Note
Nota 1. L’articolo divulga in maniera ormai classica i caratteri fondanti dell’attuale modello di sviluppo del mercato globale basato sull’allargamento del mercato delle merci e degli scambi economici. Un sistema che anche grazie alla cultura pubblicitaria diffusa in special modo dai grandi media di massa come televisione, radio, giornali ed oggi anche internet, con la sua capacità di potente generatore di identità, la comunicazione fredda attraverso bit sperduti nella rete, veloce, differita, qualche volta disattenta, si centra su aumento del numero di acquirenti, aumento della quantità delle merci, sull’aumento di consumi energetici. Tutto in un conteso di accaparramento delle risorse scandito dagli accordi con il Wto sugli ogm (organismi geneticamente modificati) sulla possibilità di brevettare idee, medicine, addirittura molecole, organismi o il genoma umano presenti in natura, non dentro una fabbrica come poteva essere custodita la ricetta segreta della Poca Cola. Questo non è sviluppo, questo ha un termine preciso: biopirateria.
Questa nostra storia, una storia che sta pesando non solo su di noi, ma peserà anche su tutte le generazioni a venire, si svolge in un contesto economico dove brevettare significa disporre di ingenti capitali che solo poche lobbies possono permettersi.
Si può assistere ad una destrutturazione e perdita di potere degli stati nazionali; chi detiene le risorse, intese nell’accezione ampia del termine (economiche, mediatiche, politiche, energetiche), può, senza passare per la mediazione degli stati che dovrebbero proteggere il benessere dei cittadini, direttamente interloquire con loro, convincerli con i media ed acquistarli “lowcost” nell’impellenza di una crisi. Il potere degli stati politici e dei governi è stato ceduto a gruppi internazionali non eletti basati solo sull’interesse economico. Queste e molte altre sono le concause che portano ad esiti devastanti per la biosfera e per tutti i suoi abitanti, riducendo le diversità, aumentando le disuguaglianze, indebitando l’umanità nei confronti del Wto, della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale, mentre la cultura consumista ci spinge sempre più a diventare esseri asessuati pronti al consumo.
Nota 2. Anche se oggi non è di comune sentire tutta la storia è stata percorsa da movimenti, idee e persone che si sono impegnate in maniera civile e profonda, anche dando la propria vita, per contrastare la cultura egemone dei detentori di potere di turno, cercare nuove vie di evoluzione, tentare nuovi modi di convivenza e inclusione, migliorare le condizioni di vita e ridurre i mali della società aumentando il grado di civiltà.
Pensiamo anche alle critiche fatte alla visione illuminista delle scienze, alle condizioni di lavoro nelle fabbriche, gli studi sui rapporti di potere che si instaurano nelle istituzioni, la constatazione, nelle parole di diversi autori, del fallimento del modello capitalista che si è rivelato lontano dagli interessi della maggior parte dell’umanità e dell’ambiente nel quale viviamo.
Nota 3. Inoltre siamo in una società spersonalizzata dove ognuno non riesce ad essere se stesso, ma indossa varie identità a seconda della piazza che frequenta o il negozio nel quale entra, una società dell’insicurezza, dei disastri ambientali, delle strade allagate, delle crisi che si susseguono almeno dall’800, ci troviamo in una realtà liquida, distaccata e digitale. La rete, con tutti i suoi “aggeggi” di connessione da qualsiasi posto, a violare l’intimità e allentare i legami dei rapporti umani. Serie di dati, uno zero, quasi fosse un mondo giocato totalmente sul vivo o morto, buono cattivo, rosso nero, senza contare le varie sfumature e i colori del mondo vero, della biosfera con tutti i suoi abitanti, tutti diversi, infinitamente diversi, non riducibili a schemi organizzati e a concezioni economiche della libertà e dei diritti. Per una lettura dell’articolo si rimanda alla pagina (link).
Nota 4. Ivan Illich (http://ita.anarcopedia.org/Ivan_Illich), noto teologo e filosofo, si occupa anche degli effetti dello sviluppo tecnologico moderno: sistema scolastico, ipermedicalizzazione, trasporti, problemi ecologici e di salute. Fra le sue definizioni: “Quando un’attività umana esplicata mediante strumenti supera una certa soglia definita dalla sua scala specifica, dapprima si rivolge contro il proprio scopo, poi minaccia di distruggere l’intero corpo sociale”. E’ importante, secondo Illich, determinare queste scale naturali e individuare le soglie che delimitano il campo di sopravvivenza umana.
Egli condivide una linea di pensiero che si incentra su una “semplicità volontaria”, mira ad una decrescita sostenibile, propone un modello di società conviviale dove né stato, né privati possiedano alcun monopolio (istruzione, medicina, trasporti, ecc.), consentendo a ciascuno di esercitare la propria creatività senza limitare la libertà altrui.
Nota 5. Amarthya Kumar Sen, economista indiano, già premio Nobel per l’economia 1998, parte da un’analisi critica dell’economia del benessere. Sen oppone ai parametri di benessere sociale soggettivo, un pensiero che rivolge attenzione alla tutela dei diritti umani oggettivi, egli supera i tradizionali parametri di sviluppo opponendo ai parametri di crescita e quantità, quelli di uno sviluppo incentrato su parametri di felicità e qualità.
Nota 6. Nel 2008 ho potuto vedere con i miei occhi, al largo delle coste nord della capitale della Mauritania, una mega-discarica internazionale di navi dismesse. Uno dei tanti posti dove i detentori di tecnologia, noi popoli civili, si va ad abbandonare i nostri relitti carichi di morte col benestare di qualche despota locale, servo e padrone tutto indaffarato a seguire il guadagno ad ogni costo.
Nota 7. “Se vuoi cambiare il mondo, inizia a cambiare te stesso” credo volesse dire un omino con gli occhiali vestito di bianco (Gandhi). Anche noi facciamo parte del mondo, anche noi ne siamo una piccola parte, una goccia nel mare, ma il mare stesso è fatto di gocce…
Nota 8. Costituzione della Bolivia art. 13.
Marco Ambrosini
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IN MEMORIA DI CHICO MENDES
Dal “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo riceviamo e pubblichiamo.
Nella mattinata di mercoledi’ 17 aprile 2013 a Viterbo il “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” ha realizzato una iniziativa di riflessione e di denuncia contro la violenza sugli esseri umani e sull’ambiente, con diretto riferimento a recentissime vicende locali e globali. L’iniziativa e’ stata dedicata alla memoria di Chico Mendes.
Chico Mendes, sindacalista, ecologista, amico della nonviolenza, martire; nato nel 1944, operaio nell’attivita’ estrattiva del caucciu’, sindacalista dei seringueiros, militante del Partito dei Lavoratori, difensore ecologico dell’Amazzonia, premiato dall’Onu per il suo impegno, per il suo impegno fu assassinato il 22 dicembre 1988. Scritti di Chico Mendes: Con gli uomini della foresta, Sonda, Torino 1989. Tra le opere su Chico Mendes: Andrew Revkin, La stagione del fuoco: l’assassinio di Chico Mendes e la lotta per salvare l’Amazzonia, Mondadori, Milano 1990; Vittorio Bonanni, Chico Mendes e la lotta dei seringueiros dell’Amazzonia, Datanews, Roma 1991; A. Schoumatoff, Il mondo sta bruciando. Chico Mendes e la tragedia dell’Amazzonia, Leonardo, Milano 1991.
Ai partecipanti all’incontro e’ stato diffuso il testo in memoria di Chico Mendes che di seguito si allega, gia’ pubblicato anni fa nel notiziario telematico quotidiano “La nonviolenza e’ in cammino”.
Il “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo
Viterbo, 17 aprile 2013
Mittente: “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: nbawac@tin.it e centropacevt@gmail.com , web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
* * *
UNA SERA DI CHICO MENDES
“Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho serbato la fede”
(2 Tm 4, 7)
La selva e nella selva l’altra selva
quella nei laghi neri del cuore
quella ove incontri lupe, leoni, lonze
e i killer prezzolati dai padroni.
La selva e nella selva vivi gli alberi
e sotto la corteccia il sangue loro
ed e’ mestieri di cavarne stille,
fratelli alberi, abbiamo fame anche noi.
La selva e nella selva gli abitanti
della selva. Ed ecco stabiliamo
un patto nuovo tra noi della foresta,
fratelli umani che dopo noi vivrete.
La selva e noi, le donne antiche e gli uomini
antichi e gli uomini e le donne che eccoci.
Stringiamo un patto, sorelle piante, ci diciamo
parole di rispetto e di dolore, fratelli alberi
abbiamo fame anche noi, hanno fame anche altri, tutti
vogliamo vivere.
La selva e nella selva io Chico Mendes
e tre proiettili che passo dopo passo
di ramo in ramo di talento in talento
dal portafogli e dalla scrivania
fino alla tasca e alla cintura e alla fondina
e’ tanto che mi cercano, e cercano me
Chico Mendes, il sindacalista
l’amico della foresta, l’amico della nonviolenza.
Ed e’ gia’ questo ventidue dicembre
del mille novecento ottantotto
questa e’ la porta di casa mia, sono
le cinque e tre quarti. E mi sotterreranno
nel giorno di Natale antica festa.
Piangono nella selva lente lacrime
di caucciu’ le piante, piange l’indio
piange Ilzamar, Sandino ed Elenira
piangono e piangono i compagni tutti,
il sindacato piange e piange il cielo
in questa sera senza luce e senza scampo.
Mentre mi accascio guardo ancora il mondo
che possa vivere
ho fatto la mia parte.
* * *
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Incontro primaverile della Rete Italiana dei Villaggi Ecologici
Da venerdì 12 aprile a domenica 14 aprile 2013 si è svolto l’incontro primaverile della Rive (rete italiana dei villaggi ecologici). La riunione si è svolta durante le giornate di sabato e domenica e ha visto la partecipazione di molte delle realtà che aderiscono alla Rive.
La Rete italiana dei villaggi ecologici (Rive) è nata nel dicembre 1996 con lo scopo di far conoscere le esperienze comunitarie, ritenute fertili laboratori di sperimentazione sociale ed economica, dove è possibile da subito vivere l’utopia, per quanto in scala ridotta, di una società basata sulla solidarietà, la cooperazione e l’ecologia. Ad oggi la Rive conta molti ecovillaggi e progetti iscritti.
L’incontro è stato ospitato dall’ecovillaggio di “Pignano”, in località Pignano 6, Volterra, Pisa.
Era presente fra gli altri Mimmo Tringale, direttore di AAM Terra Nuova , nota rivista ambientalista mensile che dal 1977 costituisce uno strumento insostituibile di controinformazione sulle tematiche di alimentazione e medicina naturale, agricoltura biologica e biodinamica, maternità e infanzia, bioedilizia, ecoturismo, consumo critico, energie rinnovabili, nonviolenza, ricerca interiore, finanza etica e più in generale ambiente ed ecologia.
Ha partecipato, indispensabile come sempre, anche la Presidente della Rive Francesca Guidotti.
Hanno facilitato durante l’incontro Eva dell’ecovillaggio ” Upacchi”, Anya di “Corricelli” e Andrea di “Tribù universo”.
Durante la riunione si sono discussi diversi punti all’ordine del giorno. Fra i molti argomenti affrontati va segnalata la presentazione di un corso di avvicinamento agli ecovillaggi, corso per ecovillagisti che si terrà in diversi ecovillaggi aderenti alla Rive a partire dai prossimi mesi.
Argomento principale dell’incontro è stata la preparazione e organizzazione dell’incontro estivo della Rive, che si terrà dal 25 luglio al 28 luglio 2013 presso l’ecovillaggio il Vignale, situato vicino alla piccola frazione di Civitella Cesi, nel comune di Blera, provincia di Viterbo.
Tema del raduno estivo sarà “Ecovillaggi: semi di cambiamento. Biodiversità ecologica, sociale, politica per una nuova umanità.”
La cooperativa agricola “il Vignale” nasce nel 2010 per realizzare un ecovillaggio e ” ha come scopo fondante generale quello di incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di un’agricoltura e cultura coerenti con la natura dell’essere umano e dell’ambiente che lo circonda, e dunque ecologicamente sostenibili. Per realizzare tale scopo si propone di operare secondo principi di preservazione dell’ambiente anche mediante la pratica e la diffusione di agricoltura ed allevamento sostenibili, con metodi naturali, tradizionali ed innovativi, a basso impatto ambientale ed ecoreversibili; ripristino e difesa della biodiversita’ anche mediante progetti di rimboschimento, creazione di vivai… tutela delle risorse idriche e del patrimonio genetico vegetale ed animale… utilizzo sostenibile delle risorse ambientali ed energetiche anche tramite l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, il recupero e riutilizzo delle acque e la gestione ecocompatibile dei rifiuti; studio, promozione e diffusione di stili di vita sostenibili, anche tramite didattica, ricezione ed organizzazione di attivita’ teatrali, artistiche, creative e anche formative… valorizzazione dei beni ambientali e culturali locali; promozione di attivita’ di solidarieta’ e accoglienza anche tramite l’agricoltura sociale”.
Ulteriori informazioni: http://www.ecovillaggi.it
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UN DOPPELGAENGER A VITERBO
Da “Viterbo oltre il muro”, gruppo di informazione nonviolenta, riceviamo e pubblichiamo.
Evocato da un giovane e brillante adepto viterbese di quel Fini ultimo segretario dello storico partito neofascista (ma anche aggredito – quel giovane – mesi fa da una spedizione squadrista dell’organizzazione Casa Pound, teppistico gruppuscolo neofascista che oltretutto sconciamente abusa del nome di un grande poeta), e’ ricomparso in citta’ tal Margottini a pontificare di beni ambientali e culturali.
Ma non e’ forse lo stesso Margottini che per anni si mise al servizio della lobby di estrema destra che voleva devastare per sempre la preziosa area naturalistica, archeologica e termale del Bulicame realizzandovi nel bel mezzo un nocivo, distruttivo, illegale ed insensato mega-aeroporto?
Un caso di sdoppiamento della personalita’? Un tableau vivant citazionista di Robert Louis Stevenson ed Edgar Allan Poe? No, semplicemente l’ennesimo retablo de las maravillas, o forse l’ennesima esibizione volante dell’estrema destra viterbese in uno dei suoi piu’ riusciti travestimenti.
*
E per evitare che le persone di buon cuore siano ingannate dall’amnesia o dalla narcosi, sara’ allora utile tornare a ricordare per l’ennesima volta che “la realizzazione del mega-aeroporto nel cuore della preziosa area naturalistica, archeologica e termale del Bulicame, di cui fece memoria Dante nella Divina Commedia, avrebbe avuto come inevitabili immediate e disastrose conseguenze:
a) lo scempio dell’area del Bulicame e dei beni ambientali e culturali che vi si trovano;
b) la devastazione dell’agricoltura della zona circostante;
c) l’impedimento alla valorizzazione terapeutica e sociale delle risorse termali;
d) un pesantissimo inquinamento chimico, acustico ed elettromagnetico di grave nocumento per la salute e la qualita’ della vita della popolazione locale (l’area e’ peraltro nei pressi di popolosi quartieri della citta’);
e) il collasso della rete infrastrutturale dell’Alto Lazio, territorio gia’ gravato da pesanti servitu’;
f) uno sperpero colossale di soldi pubblici;
g) una flagrante violazione di leggi italiane ed europee e dei vincoli di salvaguardia presenti nel territorio.
L’area del Bullicame va invece tutelata nel modo piu’ adeguato: istituendovi un parco naturalistico, archeologico e termale; e fin d’ora respingendo ogni operazione speculativa, inquinante, devastatrice, illecita.
E nell’ambito della mobilita’ la provincia di Viterbo ha bisogno piuttosto di migliorare la rete ferroviaria ed i collegamenti con Roma, Orte e Civitavecchia; una mobilita’ adeguata e coerente con la difesa e la valorizzazione dei beni ambientali e culturali e delle vocazioni produttive dell’Alto Lazio”.
*
E sara’ utile altresi’ tornare a ricordare per l’ennesima volta che:
“1. Volare fa male alla salute. E innanzitutto alla salute di chi non vola. Fa male alla salute dell’intera umanita’ che subisce gli effetti del surriscaldamento del clima – la principale emergenza globale odierna – cui il trasporto aereo contribuisce in misura rilevantissima. Fa male alla salute delle popolazioni che vivono nei pressi degli aeroporti che subiscono il pesantissimo inquinamento atmosferico e il non meno pesante inquinamento acustico. Fa male alla salute dei cittadini dei Paesi come l’Italia (e come molti altri) che vedono lo Stato regalare immensi capitali alle compagnie aeree (sia elargendo giganteschi contributi diretti, sia concedendo scandalose ed incredibili esenzioni ed agevolazioni fiscali); lo stesso Stato che taglia spietatamente i servizi pubblici e il diritto alla salute e all’assistenza. E fa male alla salute di chi vola, visto che e’ una modalita’ di trasporto non coerente con la stessa costituzione psicofisica ed esistenzial-culturale dell’essere umano. Infine fa male anche alla salute degli altri animali: che anch’essi sono esseri viventi e provano sofferenza. Ma come volete che si preoccupino degli altri animali quei potenti rapinatori che non si preoccupano neppure delle sofferenze che – per arricchirsi e sperperare, per appropriarsi privatamente ed egoisticamente consumare cio’ che e’ di tutti, a tutti rubandolo – infliggono tanti e tali danni agli altri esseri umani?
2. Volare fa male all’ambiente. Il trasporto aereo danneggia enormemente l’ecosistema planetario nella sua globalita’. Danneggia enormemente gli ecosistemi locali. Impedisce la realizzazione di modelli di mobilita’ coerenti con modelli di sviluppo autocentrati, con tecnologie appropriate, ecologicamente sostenibili, economicamente adeguati ai bisogni e alle culture delle popolazioni, e democraticamente controllabili.
3. Volare e’ antieconomico. Perche’ e’ estremamente energivoro, mentre l’umanita’ ha bisogno di un’economia della sobrieta’ e della condivisione che consideri il dato di fatto dei limiti della biosfera e della scarsita’ delle risorse. Perche’ e’ il modo di trasporto piu’ costoso: non ve ne e’ una adeguata percezione pubblica perche’ i costi vengono esternalizzati: gli Stati sovvenzionano le compagnie aeree con fiumi di denaro ed agevolazioni; i costi ambientali e sociali vengono pagati dalle popolazioni; i lavoratori sono spesso precari e quindi costantemente sotto minaccia. La maggior parte della popolazione e’ tenuta del tutto all’oscuro del fatto che ingenti risorse pubbliche che vengono sottratte ai diritti e al benessere delle persone, vengono sperperate a profitto delle compagnie aeree e dei prominenti che ruotano intorno al grande affare. Perche’ danneggia le economie locali, imponendo nocivita’, costi, relazioni sociali insostenibili.
4. Volare e’ pericoloso. Il trasporto aereo e’ pericoloso per il pianeta. Il trasporto aereo e’ pericoloso per l’ambiente naturale e per i beni storici e culturali. Il trasporto aereo e’ pericoloso per le persone: danni certi alla salute, estrema pericolosita’ degli incidenti, degrado della qualita’ della vita. Il trasporto aereo e’ pericoloso per le liberta’ civili: specialmente dopo la tragedia dell’11 settembre 2001 esso implica un enorme incremento dei controlli e quindi una crescente militarizzazione degli impianti, sui territori, nei confronti delle comunita’ locali e della vita quotidiana delle persone.
5. Volare e’ alienante. Volare fa male alla percezione di se’ e del mondo. Aeroporti ed aerei sono cio’ che l’antropologia contemporanea chiama “nonluoghi”: in cui decisive esperienze umane, sia percettive che conoscitive nel senso piu’ ampio e profondo, vengono inibite e represse; in cui vige e viene imposto un modello di presenza al mondo, di essere nel mondo (l’in-der-welt-sein di heideggeriana memoria) tendenzialmente dereistico, pesantemente deresponsabilizzante, fortemente eterodiretto. Quell’esperienza decisiva della cultura umana che e’ il viaggio, come iniziazione e scoperta, come ricerca di se’ e dialogo con l’altro da se’, qui si annienta nel vuoto di ambienti tutti uguali in una logica che si modella su schemi di condotta coatti e tendenzialmente totalitari.
6. Finanziare il trasporto aereo significa togliere risorse dove sono necessarie. Il trasporto aereo toglie risorse alla mobilita’ sostenibile. Il trasporto aereo toglie risorse al turismo responsabile. Il trasporto aereo toglie risorse ai servizi pubblici a beneficio delle persone bisognose. Il trasporto aereo toglie risorse a politiche di giustizia e di solidarieta’. Il trasporto aereo toglie risorse alle possibilita’ di un’occupazione sicura e dignitosa…”.
*
E sara’ utile tornare a ricordare infine che e’ stato grazie alla lotta della parte onesta e ragionevole della popolazione viterbese, e delle personalita’ e dei movimenti che da tutta Italia l’hanno sostenuta, se la preziosa area naturalistica, archeologica e termale del Bullicame e’ salva, e il mega-aeroporto devastante e inquinante non e’ stato e non sara’ realizzato – come ha dovuto infine riconoscere lo stesso Ministro dei Trasporti nel suo “Atto di indirizzo per la definizione del piano nazionale per lo sviluppo aeroportuale” emanato il 29 gennaio 2013.
*
Perche’ ricordare tutto cio’? Perche’ a Viterbo la lobby del mega-aeroporto nonostante sia stata smascherata e sconfitta continua a mestare e mistificare, ed e’ bene che nessuno piu’ sia vilipeso e turlupinato dai gentiluomini di ventura e di corte.
Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo
Viterbo, 16 marzo 2013
Mittente: “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: nbawac@tin.it e centropacevt@gmail.com , web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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